Rarole
-
’R, art. Il. È ’r tocco! (= è l’una). - Goffredo era ’r mi’ zio.
-
Rabbuià, v. intr. Diventare più scuro e nuvoloso. E po’ (poi) ha’ (hai) visto, ’un è nemmeno piovuto! Però ha rabbuiato. - A: Credeo d’andà un po’ a giro, ’nvece (invece) s’è rabbuiato. B: E si, s’è rirabbuiato!
-
Raccattà, v. tr. Prendere da terra, raccogliere, raccattare. L’ha’ (hai) buttato ’n (in) terra! Ora raccattalo!
-
Radia (radica), s. f. (pl. radïe) Radice. Era ’na radïa bella grossa. M’ha fatto ’onfonde! (confondere = perdere tempo)
-
Radicchiella , s. f. Radicchio selvatico, cicoria (cichorium intybus).
-
Rafanaio, s. m. Insieme di guai. In che rafanaio ti se’ (sei) messo! - In che rafanaio siamo!
-
Ràffïa , s. f. Raffica. Le due parole (rafia e raffica) logicamente non hanno la stessa pronuncia. La prima essendo ràffia, e la seconda, come tutte quelle nelle quali appare il fenomeno della gorgia, ràffïa.
-
Raffrescata, s. f. Raffreddamento. Grazie a Dio è piovuto e c’è stata ’na bella raffrescata. Ora si respira!
-
Raffrescata, s. f. Colpo di freddo. A: O cos’hai? B: Ma ti ’eti. Sono ’ndato fori in cannottiera e ho preso ’na bella raffrescata!
-
Raganata, s. f. Aspro rimprovero. N’ (gli) ha fatto ’na raganata da fà paura!
-
Ragazzettaccio, s. m. Ragazzo discolo. E sono stati de’ ragazzettacci di siuro ’e hanno spaccato la lampadina.
-
Raggrovigliolato, agg. Aggrovigliato. E (i) panni tutti raggrovigliolati dar (dal) vento.
-
Ragionà, v. tr. Parlare. Guarda, ’un me ne ragionà. Quando l’ho visto l’avrei strozzato ’olle mi mane, quer sudiciume (pezzente)!
-
Ràgnolo, s. m. Ragno. Il passaggio al diminutivo è una caratteristica della lingua popolare. ’Un esse bono a cavà (cavare = levare) un ragnolo da un buo (buco)!
-
Raguseo, s. m. Ragazzaccio. L’ha’ (hai) visto ’r Billi? È un ber raguseo ’uello (quello) lì! ’Un ci vorrei avé a che fà!
-
Ramà, ramare. Ma va’ (vai) a ramà controvento! (= Levati di torno! Controvento così il rame ti viene tutto nel viso!)
-
Ràncito, agg. Rancido. Sa di rancito! ’Un lo senti? Ma come fa’ (fai) a ’un sentillo?
-
Randellà, Tirare dietro. Guarda, se ’un ti levi di torno te le randello dietro! ammattire
-
Ranno , s. m. Prodotto per lavare a mano che si otteneva buttando dell’acqua bollente su della cenere; usato anche per conservare le olive (olive sotto ranno). Le olive verdi venivano tenute sotto ranno per un po’ di tempo, poi sciacquate più volte tenendole in acqua, e quindi conservate in salamoia. Perdevano l’amaro e diventavano indolciti.
-
Rannuvolassi, v. intr. Diventare nuvoloso. Guarda ’r cielo ’omincia a rannuvolassi. E vor piove.
-
Raperino , s. m. Verzellino. Perchè predilige i semi di rapa (cfr. cardellino per i semi di cardo e il carrenzolo per i semi della calendula). Anche i raperini, come l’assiolo (vedi chiurlo) sono quasi spariti. E anche i passerotti sono sempre meno, come pure i tordi. Che mangia i semi di rapa l’ho potuto constatare più volte di persona! Non capisco perché i vocabolari che ho consultato dicano che il nome deriva da rapa, per il colore.
-
Raperonzolo , s. m. Raponzolo, raperonzolo (campanula rapunculus).
-
Rapini, s. m. pl. Cime di rapa. Sono ’ndato a coglie du’ (due = alcuni) rapini. - Per cena ho cotto du’ rapini.
-
Rappacifiassi, v. rifl. Rappacificarsi. E chi l’avrebbe ma’ (mai) detto! Dopo trent’anni si sono rappacifiati!
-
Rappetto, s. m. Piccolo ramo con le foglie. Lo voi un rappetto di ciliege?
-
Rappo, s. m. Piccolo ramo con le foglie. Dammi un rappo di ciliege.
-
Raschino, s. m. Raschio, irritazione alla gola. Sento un raschino alla gola. Deo avé preso freddo.
-
Raugeo, s. m. Ragazzaccio. Ma te guardalo ’uer raugeo! Da raguseo.
-
Razza, s. f. Tipo. Libri? Ce n’ho ’na ’aterva! Di tutte le razze.
-
Razzà, v. tr. Passare molto vicino. L’ha’ razzato! C’è mancato poo lo ’oglievi (coglievi).
-
Recramà, v. intr. Reclamare. A: Ci se’ (sei) anco te a recramà per la spazzatura? B: Che vo’ (voi = vuoi) recramà! ’Un m’è ma’ (mai) rivata la bolletta!
-
Recramo, s. m. Reclamo. Te guarda di fà le parti (divisioni) ammodo, uguali per tutti, ’e dopo ’un ci siano recrami!
-
Regalà (e = i) fii (fichi), loc. Essere di manica larga. E se tu voi regali (e = i) fii! (l’art. dialettale “e” in questo caso sente l’influenza della vocale “i” finale di regali e diventa “i” e svanisce nella pronuncia).
-
Regolata, s. f. Insieme di atti che determinano un comportamento ortodosso. Datti ’na regolata! (comportati meglio). - ’Un te n’avé a permale (= non offenderti), ma bia (bisogna) ’e te lo dia. Seondo me faresti bene a datti ’na regolata!
-
Règolo , s. m. Mitico grosso serpente, vecchissimo, del quale si favoleggia che abbia anche gli orecchi! Per quanto riguarda l’etimologia della parola è evidente la derivazione dal latino regis, re, e quindi “il re dei serpenti”.
-
Remolà, v. tr. Girare, darsi da fare. O quant’ ha’ (hai) remolato stasera! (Detto dalla cliente seduta fuori del bar al barista che era entrato e uscito molte volte per servire i clienti).
-
Rena , s. f. Sabbia. Parola usata più volte da Dante. Nell’Inferno, canto iii, verso 30: “Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d’ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle 27 facevano un tumulto, il qual s’aggira sempre in quell’aura sanza tempo tinta, come la rena quando turbo spira”; canto xiv, verso 13: “Lo spazzo era una rena arida e spessa, non d’altra foggia fatta che colei che fu da’ piè di Caton già soppressa”; Convivio, Trattato IV, capitolo xii/7: “Se quanta rena volve lo mare turbato dal vento, se quante stelle rilucono, la dea della ricchezza largisca, l’umana generazione non cesserà di piangere”.
-
Réne, s. f. pl. Reni. Per poo mi spacco er fir (filo) delle réne!
-
Renoso, agg. Sabbioso. Fammi ’r piacé. E ’arzini tutti renosi levateli giù sennò mi porti tutta la rena ’n casa!
-
Reprïa, s. f. Replica. Stasera alle 9 fanno “L’acqua ’eta” (cheta), e domani, alla stessa ora, c’è la reprïa.
-
Respice fine, loc. (Non lasciare) niente di intero, rompere tutto. Fà respice fine . Dal latino respice finem = guarda la fine.
-
Restio, agg. Contrario a fare una cosa. Se ni dici di fà ’na ’osa, sembra ’mpossibile, è sempre restio!
-
Resurtà, v. intr. Risultare. Resurta ancora nell’attivo un debito di lire 75.
-
Reusorio (reclusorio = recusorio), s. m. Casa di riposo per anziani.
-
Riabboccà, v. tr. Abboccare. Riabbocca ’r fiasco e mettinici l’oglio.
-
Rïapità, v. intr. Capitare di nuovo. Si potea ’ndà a pescà ieri sera. Ora avanti ’e (che) riapiti!
-
Riattassi, v. rifl. Rifarsi. Óh, bia trovà ’r modo di riattassi!
-
Rïavà, v. tr. Ricavare, vuotare. Vado a riavà la fossa. È piena di sudiciume. Vado a riavà la fossa. È piena di sudicio.
-
Riavé, v. intr. Sentirsi meglio. Mi sento riavé! Mi son lavato ’r (il) muso (viso) coll’acqua fresca.
-
Ribartato, agg. Ribaltato. È sbandato. Ha cercato di montà sull’argine, s’è ribartato, la macchina n’è rimasta di traverso nella strada. L’ha caata lì e se n’è ’ndato!
-
Ribollì, v. intr. Ritornare a mente un fatto accaduto arrabbiandosi. Sai, più ci penso e più mi ribolle!
-
Ricercà, v. intr. Avere un rigurgito acido. Er (il) mangià d’oggi, … e mi ricerca! - Ho fatto un cacciucchino ieri sera… m’è venuto squisito! Ma ’r (il) mi’ marito m’ha detto ’e l’ha ricercato tutta la notte!
-
Rïede, v. intr. Avere voglia. O chi c’è, ’r prete! ’Un lo riedo.
-
Riesci, s. m. Pietanza fatta per la prima volta con ingredienti più o meno strani. Speriamo ’n (in) bene, ma quando fa un riesci ’un si sa mai ’ome (come) si ’asca (casca)!
-
Riescì, v. intr. Riuscire. A me ’un mi riesce, anco s’ (se) a te t’è riescito!
-
Rifassi, v. intr. pron. Rifarsi, rimmettersi in pari. ’Une ’mporta ’e tu paghi ora; poi ci si rifà!
-
Rifassi, v. intr. pron. A tavola, prendere più volte cibo o bevande. Ma l’ha visto, ci s’è rifatto tre vorte, e meno male ha detto che ’un avea tanta fame!
-
Rifatto, agg. Cotto e poi cotto di nuovo in umido. Se vo’ rimané a cena ci fai piacé, ’un (non) ciò tanta roba: un po’ di pasta e du’ (due = alcune) patate rifatte ma si sta ’nsieme, ci s’ha (abbiamo) tante ’ose (cose) da raccontatti.
-
Rifiatà, v. intr. Rifiatare. Sta’ (stai) ’ostì (costì) fermo e zitto senza nemmeno rifiatà! Ha’ (hai) ’apito?
-
Rificcà, agg. Rifilare. Ma te guarda ’osa m’hanno rificcato! Credeo ’e fosse un affare e ’nvece ’un è bono a gnente!
-
Rifrigerio, s. m. Refrigerio. Finarmente un po’ di rifrigerio!
-
Rifugio , s. m. Ampia cavità artificiale sotterranea che serviva da riparo in tempo di guerra.
-
Rigirio, s. m. Movimento strano. Ero davanti ar barre. Ho visto un rigirio ’e ’un m’è garbato punto (= per niente)!
-
Rigovernà, v. tr. Lavare le stoviglie e gli altri utensili di cucina, dopo mangiato. Ora finisco di rigovernà e po’ si vede ’n (in) du’ (dove) ’ndà.
-
Rïiàmo , s. m. Uccello tenuto in gabbia per servire da richiamo per gli uccelli di passo.
-
Rïiède, v. intr. Avere voglia. O chi c’è, ’r prete! ’Un lo rïièdo.
-
Rimané, v. tr. Restare senza parole. Quando l’ho saputo, ci son rimasto, ’e ’un te lo so dì!
-
Rimbecillito, agg. Diventato imbecille. A: Ti riordi zio di stamattina, s’è parlato ar telefano? B: Ma cosa voi ’e (che) mi riordi! Sono rimbecillito!
-
Rimbuzzà, v. tr. Rimettere la camicia dentro i pantaloni. Fammi rimbuzzà che a corre m’è sortito tutto di fori! - Ciavevo solo da rimbuzzammi. Ero tutto sbuzzato, co’ (i) pantaloni guasi in fondo le gambe!
-
Rimbuzzacchito, agg. Con il ventre prominente. E gli è (pr: egliè) cambiato poino! Spelacchiato e tutto rimbuzzacchito.
-
Rimpiattà, v. tr. Rimpiattare, nascondere. Dinni a Valeria ’e la prossima vorta lo rimpiatti meglio!
-
Rimpiattarelli , s. m. pl. Gioco consistente nel nascondersi e cercare di prendersi. Era un gioco molto popolare che consisteva nel rimpiattarsi, cioè nascondersi e poi fare in modo di non essere trovati da chi stava a bomba. Questa è il posto dove il ragazzo designato facendo il conto rimaneva girato con la testa messa sul braccio destro alzato e appoggiato al muro o a un albero, e ad occhi chiusi per non vedere i compagni che andavano a nascondersi contava fino a 51 a voce alta in modo che tutti potessero sentirlo. A quel punto diceva: Chi c’è c’è e chi ’un c’è ’un c’è, e si girava. Il suo compito consisteva nel cercare di scoprire dove si erano nascosti gli altri ragazzi. Quando ne vedeva uno correva fino alla bomba cercando di arrivarci per primo e se ci riusciva diceva: 51 per Mario, ad esempio. Se invece arrivava prima Mario diceva: 51 per me. Se ce ne fossero stati altri che erano stati beccati Mario poteva liberarli dicendo: 51 per me e per Carlo e Sergio. Se Mario fosse stato l’ultimo avrebbe detto: 51 per tutti e tutti sarebbero stati liberati e a bomba ci ristava il solito di prima. Fare il conto consisteva nel sommare le dita che tutti i ragazzi mostravano con la mano destra messa in avanti in basso nello stesso momento nel quale uno di loro dava il segnale dicendo svelto: mio, mio, mio, mio! Da quello che aveva dato il segnale si partiva a contare e il ragazzo con il quale finiva il conteggio era il primo che doveva stare a bomba.
-
Rimpiattato, agg. Nascosto. ’Nvece (invece) di stà sempre su rimpiattato vieni giù a vedé cosa fanno!
-
Rimpicciolito, agg. Rimpiccolito. Mah, mi sembra di morto rimpicciolito. Me lo riordavo più grosso!
-
Rimpinzà, v. tr. Mangiare abbondantemente. Ti se’ rimpinzato bene? Ora mettiti a lavorà.
-
Rimuginà, v. tr. Ripensare ad una cosa. Rimuginà ner cervello.
-
Rincarcà, v. tr. Spingere a fondo. Senti, ce l’ho rincarcato bene. ’Un dovrebbe sortì più!
-
Rincarcagnato, agg. Pigiato, ristrettito. Ha picchiato ner muro colla macchina. Ha ’r (il) muso tutto rincarcagnato. Ni (gli) ’osterà (costerà) un branco di (= molti) sordi a falla riaccomodà.
-
Rincarzà, v. tr. Rincalzare. Avvicinare, con la zappa, la terra al colletto delle piante: ’Un posso venì: ciò da ’ndà (andare) a rincarzà (e=i) pomodori.
-
Rincarzà, v. tr. Rincalzare. Ripiegare i lembi del lenzuolo sotto il materasso per fermarlo. Guarda se quando rifai il letto lo rincarzi ammodo!
-
Rinchiocciolito, agg. Ristretto, ritirato. Erano tutti rinchioccioliti dar freddo.
-
Rincorbellito, agg. Diventato citrullo, scemo. O che son rincorbellita? N’ho lasciato la macchina davanti ar cancello! Mah! ’Un c’e da maravigliassi più di gnente!
-
Rinculà, v. intr. Andare all’indietro. E m’andò poino bene ieri! Ero dietro r’ (il) carro. Cominciò a rinculà e se ’un faccio in tempo a scansammi mi venia addosso! - E m’andò poino bene ieri! Ero dietro ar carro. Cominciò a rinculà e se ’un faccio in tempo a scansammi mi venia addosso!
-
Rindà, v. intr. Andare, riandare. C’era ’r (il) sole. È rindato via! - Son rivato giù a piglià ’r (il) pane. Se n’era rindato!
-
Ringalluzzito, agg. Sicuro di sé. Ho visto Beppe, era tutto ringalluzzito, sembrava ’e ’un ni (gli) fosse successo gnente!
-
Ringhiangolito, agg. Cresciuto male, non sviluppato bene. Quelle susine son tutte ringhiangolite. - A: Quello sformato era brutto anche a vedello! B: Un’ era punto bono e poi era tutto ringhiangolito!
-
Ringorfà, v. tr. Ingolfare. Impedire il riflusso dell’acqua. Er Serchio, alla foce, ’r vento lo ringorfa.
-
Rinseccolì, v. intr. Rinsecchire. E son du’ mesi ’e ’un piove; è tutto rinseccolito!
-
Rinserrà, v. tr. Chiudere in un recinto. L’ (li) ha’ (hai) rinserrati (i) polli?
-
Rinserrato, s. m. Recinto. Ho finito propio ora di fà ’r (il) rinserrato ar cane!
-
Rintanassi, v. rifl. Nascondersi. O Piufa, o ’n (in) du’ (duve = dove) ti se’ (sei) rintanata. Sorti fori di ’ostì!
-
Rintronato, agg. Non molto sveglio. Ma come se’ (sei) rintronato. Ma ’un capisci gnente! - Mamma mia ’e botta. Mi sento tutto rintronato!
-
Rinvenissi, v. intr. pron. Ricordarsi. Ora mi rinvengo. Tu se’ (sei) ’uello (quello) ’e portava e (i) ’apponi (capponi) a Natale, orellanno.
-
Rinvivì, v. intr. pron. Sentirsi meglio. Quando me lo dissero, mi sentii rinvivì!
-
Rïordà, v. tr. Ricordare. Riordamoselo (ricordiamocelo), domani bia (bisogna) levà la roba di là!
-
Rïordanza, s. f. Ricordo. Ho sentito questa parola poco tempo fa, usata forse per dare più solennità alla frase, perché normalmente verrebbe detto: Ti riordi? Forse la parola l’avrò sentita anche altre volte, poche certamente, ma non ne ho ricordanza! Ha’ riordanza di quando c’era la Bua verde dov’era la pista da ballo?
-
Rïordanze , s. m. pl. Feste solenni (Natale, Pasqua, Santo patrono, ecc.)
-
Ripasso , s. m. Periodo nel quale gli uccelli migratori ritornano nei paesi caldi.
-
Riposà, v. tr. Posare. T’aveo detto di lasciallo stà. Ora riposalo!
-
Rirabbuià, v. intr. Diventare più scuro di nuovo. A: Credeo d’andà un po’ a giro, ’nvece s’è rabbuiato. B: E si, s’è rirabbuiato!
-
La Risaia , lu. Valle alla quale si accede da Campoosimo, sulla sinistra all’altezza del Poggio alla Nera.
-
Riscappà, v. intr. Uscire, riscappare. Mentre in italiano vuol dire scappare una seconda volta, in dialetto può significare anche scappare per la prima volta. Guarda, c’entrai dentro, ma feci prima a riscappà. Era pieno d’animalacci . - A: Ah se’ (sei) ’uì (qui). B: Ni (gli) sono riscappato ’n’ artra vorta.
-
Riscardà, v. tr. Picchiare. Sta’ (stai) bono, sennò ti riscardo!
-
Riscardà, v. tr. Riscaldare. Questa minestra, e sa di riscardato!
-
Riscavà, v. tr. Scavare di nuovo. Bia riscavallo, è troppo giù!
-
Riscontro , s. m. Corrente d’aria che si forma tra due aperture.
-
Risortì, v. intr. Uscire di nuovo. Maria ci riè la padulina. Credeo d’avella sberberata e ’nvece è risortita fori!
-
Ristà, v. intr. Esserci già stato. Per la Fiera c’è ristato (= ci sono ristati) anco dieci preti! - In quer posto ci son già ristato!
-
Risvortolà, v. tr. Rivoltare, buttare all’aria. Sono ’ndato a’ (ai) Boschicchi a fà morecci (funghi). ’Un n’ho trovato nemmeno uno. Né boni né cattivi. Ho risvortolato tutta la macchia senza trovà gnente!
-
Ritornà a’ (ai) santi vecchi! loc. Fare come s’usava prima. Bia (bisogna) ritornà a’ santi vecchi, a volé cambià ’un ci si guadagna ma’ (mai) gnente!
-
Ritròscio, s. m. Scroscio d’acqua, violento acquazzone E tutt’a un tratto venne giù un ritroscio d’acqua da fà paura.
-
Ritrovassi ’on quattro palle ar culo , loc. Ritrovarsi con un’ azione non andata a buon fine.
-
Rivà, v. intr. Arrivare. È rivata la ’orriera (corriera). - Son rivato alle 7.
-
Rivà, v. intr. Arrivare (detto del fuoco relativamente a una pietanza). Eh, ’un ci so’ stata troppo attenta, e un po’ n’è rivato.
-
Rivà, v. tr. Prendere. Mi rivi (i) bicchieri? Son troppi arti per me.
-
Rivà e ’mbarcà! loc. Pensare di essere capace di risolvere situazioni difficili. Dé, ora è rivato lui e crede di rivà e ’mbarcà!
-
Rivèndila, v. tr. (Rivenderla). Invito, non serio, a raccontare una cosa sentita a un’altra persona. A: Quello lì ieri sera ti dava ’r giro . (Fare la corte). B: Piuttosto sotto sale! A: Questa ’i ’un l’ho ma’ sentita! B: E allora che t’ha a dì, rivendila!
-
Rivortà, v. tr. Rivoltare. Ora ’un ti ci posso fà più gnente. L’ho già rivortata tre vorte.
-
Rivorto, agg. Rivolto. E ’r vecchio Simone, rivorto ai due ’e lo guardavano male ni (gli) disse: Levatevi di torno, tanto sordi (soldi) ’un ce n’ho!
-
Roba, s. f. Vestiti e altro. Me l’ha’ (hai) preparata la roba? Voglio ’ndà fori. Parola usata dal Boccaccio nel Decamerone, ottava giornata, novella nona: “Convien trovar modo che voi siate stasera in sul primo sonno in su uno di quegli avelli rilevati che poco tempo fa si fecero di fuori a Santa Maria Novella, con una delle vostre più belle robe indosso”. “E dicovi che io, per venirvi bene orrevole, mi metterò la roba mia dello scarlatto”.
-
Robba, s. f. Roba. Vieni, ’un fà comprimenti. Ha’ (hai) voglia di robba da mangià. Ce n’è anco per er maiale!
-
Rompïoglioni, s. m. Rompicoglioni. S’è un gran rompïoglioni!
-
Rósïa (rosica), s. f. Voglia di rodere. Disturbo che si presenta nei bambini quando gli crescono i denti. A: Cos’ha ’r (il) bimbo ’e piange? B: Cià la rósïa ne’ (nei) denti.
-
Ròsola , s. f. Pianta di papavero (papaver rhoeas) non ancora sviluppata. Usata, tritata, per darla ai pulcini.
-
Rosvai, s. f. Rottweill. Marca di polvere da sparo. Ho cariato (caricato) 200 ’artuccine di Acania (Acapnia) e Randite, e 100 di Rosvai.
-
Rufolà, v. tr. Cercare in maniera disordinata. Ma mi dici ’osa (cosa) cià’ da rufolà? Tanto ’un troverai gnente!
-
Ruga , s. f. Strada stretta tra due edifici È il latino ruga rimasto nel dialetto e in francese, rue. Anche in albanese, rrugë con un prestito dalle lingue romanze. La parola è citata dal Boccaccio nel Decamerone, nella novella di Andreuccio da Perugia, giornata seconda, novella quinta: “e su per una via chiamata la Ruga Catalana si mise”. Anche il genovese carrugio, via stretta tra due edifici, potrebbe avere attinenza con ruga, cioè essere formato da ruga e kar, parola celtico-ligure che significa pietra (cfr. Carrara), e quindi strada stretta tra due edifici e lastricata, formata da pietre. Basta pensare a via Prè, a Genova. Carrugio è un vocabolo che si ritrova anche in Sardegna, Corsica e Sicilia. Inoltre vi potrebbe essere un legame anche con carreggiata.
-
Rughinello, s. m. Piccolo solco formato dall’acqua che scorre. Deriva da ruga. Dove c’è la fonte der castagno, e vecchi diano (dicono) ’e c’è ’na galleria ’e va fin sotto ’r poggio e ner mezzo c’è un rughinello dove ci passa l’acqua.
-
Ruglià, v. tr. Rumoreggiare. Mi ruglia lo stomao (stomaco). Avrò fame.
-
Rugone, s. m. Botro, fossato. Deriva da ruga (vedi). Anch’ andà a fà e (i) rugoni lungo la Borra, ’un si trova gnente! ’Un si fermano, vanno via subito. (Riferito a uccelli di passo come tordi, ecc.)
-
Rumà, v. tr. Rumare, rimescolare. Pensa a rumà la polenta sennò s’attacca!
-
Rumïà (rumicare), v. tr. Mescolare, muovere. M’arraccomando (raccomando), rumialo bene! - È un cardo (caldo) ’e si schianta! E poi ’un rùmïa foglia!
-
Ruscolà, v. tr. Prendere delle botte. Guarda ’e se continui le ruscoli!
-
Ruscolà, v. tr. Ruscolare, raccattare, mettere insieme. Son venuto a fà du’ (alcuni) lavoretti per vedé se ruscolavo ’uarcosa. - Tieni, l’ (li) ho ruscolati 5 euro: ora ’un ce n’ho più!
-
Ruzzaione, s. m. Persona che ama scherzare. (Cfr: avé le ruzze). Se’ sempre un ruzzaione. Ma ti decidi a mette ’r (il) capo a partito!
-
Ruzzino, s. m. Passatempo. Ma cosa credi ’e faccia. Per lui, è un ruzzino.
-
Ruzzolà, v. tr. Ruzzolare, v. intr. Ha ruzzolato (el) letto stamattina? (Sei ruzzolato dal letto stamattina?)