Introduzione

                                                                                                                     
Finalmente ho ripreso a rivedere il Vocabolario crespinese in modo da farne una nuova edizione, ampliata, riveduta e corretta. Ho quindi approfittato di queste giornate arrostite (agosto 2012) e visto che tanto ero a patire, tanto valeva che mi mettessi a sistemare il mio libretto.

Come prima cosa voglio riaffermare quanto detto nell'introduzione alla prima edizione riguardo al fatto che “è un insieme di parole che ho sentito dire personalmente”, per cui una parola dialettale che io non conosco o della quale non sono più che certo, non fa parte di questa raccolta.

Un esempio per suffragare quanto dico è la parola “accorgiuto” che non ho mai sentito dire ma che talvolta io uso, sempre in quel contesto di giocare con le parole che mi piace tanto! Logicamente da accorgere il participio passato dovrebbe essere accorgiuto, ma non è così, e infatti nel mio libro non c'è. Non avrei quindi mai creduto di trovare la parola nel Vocabolario toscano del Malagoli! Poi mia moglie mi ha detto che nei bambini, a scuola, è normale usare la parola accorgiuto. Una parola strana è invece “lupato” che io ho messo nel mio elenco di parole usate al mio paese anche se l'avevo sentita solo una volta. Ma questo è normale, tante parole non si sentono più! Per varie ragioni si stanno perdendo, ma questo è proprio il motivo che mi ha spinto a raccoglierle, e che ho testimoniato nell'introduzione al mio Vocabolario del dialetto crespinese. Mi ha quindi fatto molto piacere ritrovare la parola “lupa” nel Vocabolario senese del Cagliaritano, dove viene specificato che è una malattia dell'olivo che ne fa marcire il tronco dall'interno. Né più né meno di quello che avevo detto io. Forse meno bene ma il senso era quello. E da lupa, sostantivo, a lupato, aggettivo, il passo è breve!

Altra parola che non ho inserito è “quande” al posto di quando in quanto l'ho sentita una volta sola. Una signora chiese a mio figlio, che doveva ripartire per Verona: Riparti? E mio figlio: Lunedì. La signora, che anziana oltre misura, non aveva capito, gli chiese: Quande?

In ultimo, ho sentito dire poco tempo fa questa frase: Una volta noi si diceva: Crespinesi e Ponsacchini, dibadatevi! L'ho trovata molto bella per il verbo, facilmente comprensibile, ma che non avevo mai sentito dire. L'ho udita dalla voce di una signora novantenne di Lari, ora crespinese dalla data del matrimonio, che appunto mi spiegava che non bisogna fidarsi degli abitanti dei paesi vicini. Il paese sentito come collettività chiusa e ostile agli estranei.

Per cui ripeto, quelle che riporto sono tutte parole vere! C'è da dire che talvolta, e più passa il tempo è sempre peggio, i dubbi crescono. Non sono più sicuro di alcune pronunce. Troppo tempo è passato e la mia memoria, come in altri campi, non funziona più bene come prima. E bisogna fare affidamento solo sulla memoria perché ora tante parole, ripeto, non si sentono più. Anche per il fatto che la gente si vergogna a parlare in vernacolo.

Come detto prima ho apportato delle correzioni dovute alle critiche che mi sono state fatte, devo dire in maniera molto gentile. Ma correzioni ne avevo già apportate, anche se in misura più semplice. Avevo infatti pensato di mandare la prima stesura a un noto scrittore di libri dialettali, il quale, anche questo molto gentilmente, mi aveva consigliato, come minimo, per fare un lavoro un po' più serio, di aggiungere qualche indicazione tipo, maschile, femminile, verbo, nome, aggettivo, ecc. E fin qui era abbastanza semplice. Per maschile o femminile bastava attastarle, le parole, e per quanto riguardava le altre indicazioni, qualche ricordo dai tempi dell'asilo, ce l'avevo ancora!

Una volta fatte queste correzioni e moltissime integrazioni (non passava giorno che non trovassi parole nuove), il libro venne stampato. Ma la lezione, si vede, non mi era servita. Ebbi quindi la meravigliosa idea di andare a stuzzicare un professore universitario. Vi potete immaginare come andò a finire: c'era qualcosa, ogni tanto, nel libro, che andava bene! La botta fu abbastanza forte, infatti mi c'è voluto un anno e mezzo per riprendermi. Devo dire che questo però dipende dalla mia conformazione mentale: mi riesce sempre difficile iniziare un lavoro se non ho ben chiaro cosa devo fare e se non sono sicuro di saperlo fare bene. E per capire cosa fare bisogna iniziare. Il classico esempio di “Da beiβt sich der Hund in den Schwanz”. Un modo di dire tedesco che per quelli come me che non lo conoscono vuol dire “Il cane che si morde la coda”. Ciò non toglie che non sia rimasto gradevolmente sorpreso dalla gentilezza con la quale sono stato accolto, dopo un primo comprensibile momento nel quale si capiva che si era posto la domanda se quell'intruso era normale oppure no!

Voi direte: ma perché l' hai fatto? Ebbene, mi ricordavo una volta di aver letto, nell'introduzione di Gabriella Giacomelli al Vocabolario pistoiese redatto da Lidia Gori e Stefania Lucarelli, che la stessa affermava che “ogni nuova raccolta del genere, magari empirica e impacciata, è una benedizione”.

Quindi, mi ero detto, se una brava studiosa la pensava così anche un altro bravo studioso la dovrebbe pensare nella stessa maniera. E per trovare un bravo studioso basta andare nell'Università più vicina e dargli il mio libro. Sono quelle cose fatte così senza pensarci tanto, ingenuamente, però nel caso di specie ha funzionato.

Ebbi dei problemi, anzi rimasi scioccato, anche quando scoprii che quei verbi che per me erano tutti riflessivi in quanto finivano in -si, invece erano anche di un altro tipo: intransitivi pronominali. Ora bisogna capire che io vivevo bene anche se non sapevo che esistevano, per cui, dovendo prenderne atto, mi trovai a dover capire cos'erano. Mi studiai, malvolentieri, la faccenda e provvidi a dividere i verbi riflessivi da quelli intransitivi pronominali. Scrivendo queste note ne ho preso uno a caso, meravigliarsi, e sono andato a vedere sul Devoto Oli cosa riportava: con mia grande costernazione diceva che era un verbo medio intransitivo. Quindi d'un'altra razza. A questo punto ho chiuso il vocabolario e ho fatto finta di niente.

Per ora la pubblicazione avviene in rete nel mio sito www.ilcrespinese.it nel quale ho messo anche altre cose di mio interesse. Inoltre c'è la registrazione di tutte le frasi e parole del libro. In un futuro, che vedo non lontano ma addirittura irrangiungibile, spero che questa seconda edizione si materializzi in un secondo libro.

Non mi rimane che ringraziare sentitamente il professor Franco Fanciullo del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell'Università di Pisa di cui parlavo sopra, il quale mi ha gentilmente accolto ed è stato prodigo di numerosi utili consigli che mi hanno permesso di correggere il mio libro in maniera da renderlo più presentabile.